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02.06.02
Premier e Mister
Molti si chiedono che cosa ci aspetta durante i Mondiali, con un presidente del Consiglio che da sempre considera il calcio la galleria del vento in cui provare le soluzioni per la politica, e gli italiani un popolo non da governare ma da allenare: in braghette e maglietta, possibilmente, come si evince dalla memorabile foto che lo ritrae con i rassegnati Letta e Dell'Utri alle Bermuda. La risposta, a suo modo tranquillizzante, è che non ci aspetta niente di più di quanto già ci sia capitato finora.
Cos'altro potrebbe inventarsi uno che disse al Papa: «Santità, lei è come il mio Milan: sempre in trasferta a portare per il mondo un'idea vincente, che è l'idea di Dio»? Uno che si intrufolava negli spogliatoi durante l'intervallo per dire ai giocatori di essere «più ficcanti sulle fasce?». Che licenziò Liedholm perché non lo prendeva abbastanza sul serio («Presidente grande esperto di calcio, lui ha "iocato" in squadra oratorio») e il triste Zaccheroni perché contravveniva alla regola per cui la repubblica berluscona è fondata sul sorriso?
Uno che ha trasformato un urlo da stadio in un partito e non manca mai di rammentare che 'sto Aznar sarà anche bravo, ma non ha mai vinto neppure una Coppa dei Campioni? Ci fosse ancora quel reperto archeologico di Zoff, con le sue impuntature da girotondista, magari avremmo assistito a una revoca in corsa del mandato di commissario tecnico con assunzione inevitabile dell'interim.
Ma è stato proprio Berlusconi, senza volerlo, a propiziarne l'allontanamento dopo la finale europea di due anni fa, contestandogli la mancata marcatura di Zidane con Gattuso, idolo delle nuove generazioni cresciute a telefilm violenti e quindi più sensibili al fascino della forza bruta che a quello dell'estetica. Sulla strada del premier si erge ora Gioan Trapattoni, detto Trap, che è furbo come lui e verso il quale Berlusconi nutre un rispetto che sconfina nella soggezione. Certo, gli ha già detto di badare al «bel giuoco» e di allenare la squadra a tirare i rigori, ma Trap non è D'Alema: se vittoria sarà, non se la lascerà scippare.
Massimo Gramellini, La Stampa
Posted by Peter Kowalsky at 02.06.02 19:54